Chi legge i nostri articoli, sa perfettamente che talvolta siamo stati piuttosto critici nei confronti dell’operato della società e non abbiamo lesinato articoli “duri” anche quando sembrava che tutto andasse alla perfezione. Soprattutto un anno fa a Rivisondoli, avevamo percepito si andasse incontro a una stagione difficile a causa del mercato condotto da De Sanctis, del ridimensionamento economico messo in atto dal club, della sopravvalutazione di alcuni calciatori, dei malesseri di Paulo Sousa e della spaccatura di un gruppo mai diventato squadra. Proprio per questo, il ragionamento di oggi non può essere interpretato come una “difesa” a Iervolino, ma come un’analisi a 360° attraverso la quale proveremo a metterci nei panni di un imprenditore di successo che preleva la Salernitana in serie A e si ritrova ricoperto d’amore, sulle prime pagine di tutti i giornali locali e nazionali, con 25mila persone in casa e 3000 fuori a sostenere la squadra e conquista una salvezza leggendaria culminata con la folle notte del 22 maggio cui solo ricordo mette ancora i brividi e fa scendere qualche lacrima. Riteniamo non fosse in malafede nè stesse prendendo in giro la piazza quando, animato da un entusiasmo contagioso e consapevole di avere tante risorse economiche, prospettava una Salernitana stabilmente in A e subito dietro le grandi. In fondo, il secondo anno, fu contraddistinto da investimenti milionari, dall’arrivo di gente che giocava la Champions o aveva disputato i mondiali e di giovani teoricamente pronti per aprire un ciclo. Se poi aggiungiamo la vendita di Ederson con ricavi importanti, possiamo ben capire quanto tutto sembrasse rose e fiori a un neofita come Iervolino. Poi sono iniziati i problemi. Perchè Sousa chiedeva – legittimamente – ulteriori investimenti, perchè dopo le prime sconfitte sono partite anche le prime critiche, perchè i giocatori ricevevano lo stipendio ma non si comportavano in modo professionale senza che nessuna istituzione sportiva tutelasse chi paga fior di quattrini. E’ come se a un certo punto Iervolino si sia reso conto d’aver gettato dalla finestra milioni di euro dando fiducia a chi l’ha ripagata in modo sbagliato. Qui è partito il cortocircuito: voglia di farsi da parte, di cedere il club, no al dialogo con la piazza che certo non può essere rappresentata da qualche imbecille che offende e minaccia sui social e che è stato giustamente denunciato. Se, dopo l’1-3 con l’Empoli, Iervolino fosse uscito allo scoperto ammettendo gli errori, parlando col cuore alla città come fatto nel primo biennio e dichiarandosi pronto a ripartire con un progetto ambizioso e sostenibile, tutti sarebbero stati dalla sua parte. Invece, preso dall’amarezza, ha visto come “nemica” quella componente che invece è la forza del club Ora, però, c’è Petrachi e chissà che non possa riuscire nell’impresa di cambiare l’attuale storia della Salernitana. “Sta iniziando a fidarsi di me, lo vedo più carico” ha detto più volte ieri in conferenza stampa, Milan ha assicurato che “negli ultimi giorni di mercato è stato molto presente ed era costantemente in contatto con noi durante le partite” Arrabbiandosi con gli arbitri, altra componente che ha disgustato il patron, uno che propose la possibilità di procedere civilmente verso chi vanifica investimenti importanti con errori grossolani. Petrachi gli ha dimostrato che si possono prendere buoni giocatori anche grazie ai buoni rapporti con procuratori e società, che si può vendere bene e assicurarsi giovani di prospettiva come contropartita senza appesantire un bilancio che, da qui a breve, consentirà per davvero di evitare tracolli finanziari ed esborsi fuori da ogni logica. Con ritardo, ma ora c’è l’uomo giusto. Con una tifoseria che, al netto di tutto, ha garantito 15mila spettatori in casa e 1000 a Bolzano e Mantova. E se Iervolino, progressivamente, trasformasse rabbia in orgoglio raddoppiando al posto di lasciare?
Fonte tuttoSalernitana