Grossomodo un anno fa, la Salernitana si ritrovava a fare i conti con l’infortunio di Sepe. Portiere che, per la verità, aveva spesso alternato parate importanti a errori poi determinanti ai fini del risultato. Quando il pipelet ex Empoli si fece male, la società si ritrovò dinanzi ad un bivio: prendere un dodicesimo che sopperisse all’assenza per 2-3 partite tornando in panchina senza lamentele di alcun genere o cogliere l’occasione per acquistare un titolare? Di nomi ne circolarono tanti, il più gettonato era quello di Berisha che avrebbe firmato un semestrale con opzione in base al numero di presenze. Alla fine, però, la nostra redazione azzeccò l’anteprima: sotto traccia il ds De Sanctis riuscì ad assicurarsi le prestazioni di Memo Ochoa. Uno che aveva disputato i mondiali da protagonista e che è idolo indiscusso in Messico e che può essere considerato il migliore della storia granata.
L’esordio col Milan fece subito capire di che pasta fosse fatto, almeno 5 gli interventi sensazionali che evitarono la goleada rossonera e che permisero alla Salernitana di restare aggrappata alla speranza del pareggio fino all’ultimo secondo. Il bis in casa contro il Torino, con record di parate nell’arco dei 90 minuti e una squadra allo sbando che si aggrappò esclusivamente alle sue parate. E se anche a Bergamo, dopo aver subito otto reti, è stato il migliore in campo dei granata è evidente che fosse uno dei pochi a tenere a galla una nave che faceva acqua da tutte le parti. Quando Sepe rientrò, ci fu un’alternanza che certo creò un po’ di confusione. A Verona e con la Lazio, Ochoa rimase in panchina e la Salernitana subì tre reti e altrettante sconfitte. E così Paulo Sousa, col Monza, gli consegnò in modo definitivo le chiavi della porta considerandolo intoccabile fino al termine della stagione e con la sola vetrina per Fiorillo in occasione dell’ultimo match interno con l’Udinese.
NON SOLO MARKETING. C’è chi pensava fosse stata la classica operazione di marketing utile a far lievitare il brand Salernitana. E in effetti, grazie alla sua presenza in rosa, sono aumentati i followers sui social e le menzioni da parte di testate giornalistiche di rilievo internazionale. E all’Arechi spesso abbiamo visto messicani con la sciarpa della Salernitana, desiderosi di sostenere il proprio beniamino. A Pontecagnano, invece, è stato fondato un vero e proprio club affiliato al CCSC e capace di accoglierlo in modo trionfale scatenando l’entusiasmo di una provincia sempre più colorata di granata. Ma Ochoa è anzitutto una garanzia dal punto di vista tecnico, un numero uno per davvero che sarà ancora una volta fondamentale per arrivare all’obiettivo.
Il suo avvio di stagione è stato al di sotto degli standard, forse ci aveva per davvero abituato troppo bene. Prova da 6 a Roma, prestazione ottima con l’Udinese, alti e bassi a Lecce e quello 0-3 col Torino che gli valse la sua prima insufficienza all’ombra dell’Arechi. Col Frosinone altre due parate determinanti pur con quelle pecche nelle uscite che sono tallone d’Achille soprattutto sulle palle inattive a sfavore. Ma se con l’Inter abbiamo visto un portiere in difficoltà, a Genova riecco l’Ochoa che tutti conosciamo. Le parate su Dragusin e Sabelli valgono il prezzo del biglietto, una reattività felina di raro riscontro in atleti della sua età e che, di fatto, non si fermano da un anno e mezzo. E col Napoli servirà la gara perfetta per respingere al mittente l’assalto della corazzata di Garcia. Al Maradona meritò un 8 in pagella, sabato è tempo di concedere il bis.