Saluta Salerno nel modo a lui più familiare: il gol. Una doppietta: uno su azione, uno su rigore. Proprio come accadde l’ultima volta che timbrò il cartellino all’Arechi. In quel caso si giocava contro il Cagliari, era l’esordio di Inzaghi in panchina e si sperava ci fossero i presupposti per ricucire lo strappo con l’ambiente. Impossibile immaginare di nuovo uno stadio ai suoi piedi che intonava un coro diventato tormentone anche nelle discoteche o nelle strade cittadine, ma la sensazione era che la favola potesse avere ancora un lieto fine. L’Arechi, giustamente, lo ha fischiato per 90 minuti e quell’esultanza quasi polemica ha rappresentato un lusso che non poteva nè doveva permettersi. Lui che è stato accolto alla grande, ricoperto di soldi e di affetto e che, al posto di essere grato alla società, alla vecchia dirigenza e al popolo di fede granata, mal digerì la mancata cessione in Premier League. Una trattativa che, di fatto, avrebbe accontentato solo lui. Salerno si è sentita tradita da Dia, è consapevole che la sua voglia di andare via abbia causato malumori all’interno dello spogliatoio pregiudicando una stagione già di per sè organizzata a nata nel peggiore dei modi. Ieri ha risposto presente alla richiesta di scendere in campo, più per esigenza che per scelta tecnica. Il principe degli stadi lo ha esortato ad andare via e non condividiamo affatto chi, sul web, ha preso le distanze da una contestazione civile. Con ogni probabilità Dia passerà alla Lazio nelle prossime 48 ore e saluterà quella città, quella società e quella squadra che gli hanno garantito una visibilità che forse non aveva avuto nemmeno quando segnava in semifinale di Champions League contro il Liverpool. Senza nessun rimpianto e con l’epilogo giusto: fischi e con un “a mai più rivederci” carico di delusione.
Fonte tuttoSalernitana