Quando una possibile retrocessione rischia di essere il male minore. Salerno è da sempre abituata a combattere: è ripartita dalla terza categoria, dalla D senza segni distintivi, da fallimenti che ancora oggi gridano vendetta. Figuriamoci se può spaventare l’ultimo posto attuale, tra l’altro ampiamente pronosticabile da luglio. Da quando, tra le righe, si capì che non c’era volontà di investire tanto nel mercato estivo e Paulo Sousa lanciava campanelli d’allarme a ripetizione guadagnando l’etichetta di disfattista. Sì, perchè dire la verità, in questa città, è diventata quasi una colpa. Ricordate all’epoca dell’iscrizione? C’era un ristretto gruppo di professionisti che spiegava cosa fosse il trust e raccontava i fatti, poi uno starnazzare social di presunti esperti che propinavano ogni giorno trattative, cordate e presidenti del tutto inventati giocando sulla pelle del pubblico pur di ritagliarsi uno spazio. Ecco, costoro – al pari di chi li segue – sono tra i responsabili di questo declino della Salernitana. Guai, in estate, a far notare che servisse un difensore, che tre titolari sarebbero partiti per la coppa d’Africa, che l’attacco era di categoria inferiore e che le dirette concorrenti non sarebbero state una Samp sull’orlo del fallimento o la Cremonese virtualmente retrocessa già a novembre. Dovevamo andare al mare o eravamo tutti vedovi di un vincente passato, fatto di Ribery, Kastanos, Coulibaly, Zortea, Ranieri, Ruggeri, Strandberg e Bonazzoli presi senza società e con la spada di Damocle del 31-12 e con un ruolo importante per l’accettazione del secondo trust e per la gestione dei rinvii della gare con Udinese e Venezia che furono vitali per centrare l’impresa.
Ecco, si è passati repentinamente dalla critica a prescindere ad un clima quasi di appiattimento generale. Eppure basterebbe prendere la prima intervista di Iervolino, affiancarla a quella rilasciata un mese fa per rendersi conto di quante cose siano cambiate. Intendiamoci: due salvezze su due portano la sua firma, i soldi li ha investiti, ha regalato tre anni di fila di A alla Salernitana per la prima volta e ha garantito stabilità economica. Però, nella testa della gente, riecheggiano frasi come sinallagma d’amore, Europa al terzo/quinto anno, zona sinistra, brand internazionale, allenamenti a porte aperte, famiglie allo stadio, grandi investimenti, mai più in zona retrocessione, centro sportivo, stadio di proprietà e “non abbiamo bisogno di cedere per acquistare”. Da ignoranti ci poniamo una domanda: come ci si può ritrovare in questa situazione dopo 2 anni di attività, con un club preso al minimo sindacale rispetto al reale valore e con introiti comunque non tali da coprire i costi ma di un certo livello? Possibile che, con una rosa che andrebbe rivoluzionata in tutti i reparti, si debba aspettare prima di cedere e che si giochino le prime 3 gare del 2024 con un terzino adattato mezzala e un attaccante che era stato tenuto fuori rosa fino a fine ottobre? Cosa è successo in questi mesi? La retrocessione rischia di essere il male minore non perchè immaginiamo scenari apocalittici o fallimenti (Iervolino ricapitalizzerà, certo che poi in B i costi sarebbero esorbitanti rispetto alle risicate entrate al netto del paracadute) ma perchè Salerno sta perdendo fiducia in quel progetto a medio-lungo termine che doveva essere il cavallo di battaglia.
Nessuno pretende l’Europa o di vincere lo scudetto, ci mancherebbe, tuttavia sarebbe opportuno far fronte comune per chiedere un confronto costruttivo e intelligente a un presidente con tante potenzialità, che è stato giustamente acclamato da decine di migliaia di persone, che oggi sta vivendo un momento fisiologico di difficoltà e scoraggiamento ma che qualche risposta dovrà pur darla. Nel rispetto dei ruoli e della sua figura. Il vero punto interrogativo non è “Ci salveremo?” ma “Che succede se scendiamo?”. Oggi è 25 gennaio, si parla di indice di liquidità e non dell’arrivo dei due centrocampisti, dei due difensori e dei due attaccanti che servirebbero come il pane. E se le entrate dipendono ancora dai mal di pancia di un cuore ingrato che deve tutto alla città che vuol lasciare, allora stiamo messi piuttosto male. E lunedì sera, col rischio -9, si potrebbe chiudere in anticipo un mercato già poco entusiasmante. In quel caso ringrazieremo chi ha sostenuto uno dei peggiori direttori sportivi della storia granata (27 milioni di euro per una difesa da 110 gol subiti in 18 mesi, il no a Soulè, il rapporto con gli allenatori e con lo spogliatoio, la gestione del caso Dia), chi diffondeva tabelle su una presunta preparazione fisica sbagliata, chi dava 8 al mercato e chi, inventando ancora oggi nomi e trattative, profetizzava addirittura una metà classifica. In questo caso c’è tanta e colpevole memoria corta. Ad ogni modo…Società, non è finita! C’è una settimana di tempo per lanciare un segnale e per provarci fino alla fine.