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ESCLUSIVA – Melosi: “Ai miei tempi li attaccavamo al muro se sbagliavano atteggiamento”
23/02/2024
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In una squadra molle, senz’anima, a volte troppo brutta e spenta per essere vera, quanto servirebbe uno con le sue caratteristiche. Non solo dal punto di vista tecnico, ma anche – e soprattutto – sul piano del carisma e del carattere. La redazione di Popolo Sportivo ha avuto il piacere di intervistare in esclusiva il grande ex Giuliano Melosi, ricordato ancora oggi con affetto dalla tifoseria granata. Con la speranza di poterlo abbracciare nel corso della festa del 19 giugno, abbiamo raccolto il suo parere rispetto al momento negativo vissuto dalla Bersagliera.

Si può credere ancora nella salvezza?

“Devo essere sincero, seppur a malincuore: è dura, molto dura. Vedendo quanto accaduto venerdì, è tosta attribuire chance concrete di salvezza alla Salernitana. Si può perdere contro quei campioni, ci mancherebbe, ma non in quel modo. Ora occorrerebbe un filotto clamoroso per riaccendere la fiammella della speranza, ci sono 4 gare teoricamente alla portata e bisogna conquistare 10-12 punti. Altrimenti non ci sarà più nulla da fare. Sono stati commessi tanti errori, in primis quello di mandare via un dirigente esperto come Sabatini nel giugno del 2022. Era stata scritta una pagina di storia incredibile, la continuità poteva essere la strategia vincente soprattutto quando la proprietà è ambiziosa ma inesperta. Ho letto della lotta ai procuratori, io dico che è controproducente. Se fai parte di un sistema e sei tra gli ultimi arrivati in ordine di tempo, devi adeguarti. Altrimenti, con tutto il rispetto, devi accontentarti del calciatore sconosciuto che arriva dalla Giamaica. Non si può dire che Iervolino non abbia speso soldi: non sarebbe corretto nè veritiero. Probabilmente li ha spesi male”.

Come si può spiegare un atteggiamento del genere da parte della squadra?

“Non si spiega. Se non vivi all’interno dello spogliatoio, è difficile poter avere un’idea precisa. Di certo c’è che occorrerebbe un calciatore col piglio del leader che si assuma le responsabilità. Ai nostri tempi, passatemi il termine, li attaccavamo al muro se qualche atteggiamento era sbagliato. E’ una questione di DNA, il carattere non si allena. Quella maglia devi sentirla addosso quasi come fosse una seconda pelle, altrimenti non percepisci nemmeno la spinta popolare”.

Come si può sbagliare partita e giocarsela in quel modo quando hai 4000 persone all’allenamento, 20000 in casa e 3000 in trasferta?

“In tanti casi deve essere la squadra a trascinare il pubblico. Torniamo al discorso di prima: chi, in questo gruppo, ha il piglio del leader che si carica i problemi sulle spalle? Sicuramente l’Arechi è un fattore importante, il dodicesimo uomo, quando spinge si avverte. Però, spesso, è una questione di carattere. Il sottoscritto trarrebbe vantaggio da un allenamento svolto con 4000 persone che ti guardano e ti sostengono, altri avvertono la pressione o non sentono la maglia”.

Cosa ricorda di quel Salernitana-Vicenza 3-2?

“Personalmente è uno dei ricordi più belli della mia carriera. Possiamo collegarci al discorso di prima sul pubblico. Nel primo tempo, contro una corazzata, andammo in grossa difficoltà. Tornammo negli spogliatoi sullo 0-2, tra i fischi assordanti di tutto lo stadio e con la consapevolezza che il risultato potesse essere addirittura più rotondo. Nella ripresa rigore per noi e 1-2. Attaccavamo sotto la curva, da quel momento l’Arechi spingeva in modo impressionante. Per farmi sentire dai miei compagni dovevo urlare, tornai a casa senza voce. 2-2 di Guidoni e la Sud che tifava con ancora maggior forza. La vincemmo, fu l’apoteosi per una squadra composta da tanti giovani di valore che avevano solo bisogno di avvertire la fiducia dei veterani. Ecco, questi aneddoti sintetizzano quanto affermavo prima: l’Arechi che spinge è tanta roba e può fare la differenza, ma la scintilla partì da noi con un approccio feroce nel secondo tempo”.

E quella squadra sfiorò addirittura la serie A…

“E’ vero. Quella Salernitana non partì benissimo, poi arrivammo io, Guidoni, Sussi e Lorieri e fummo in grado di toccare le corde giuste all’interno dello spogliatoio con la nostra esperienza. C’erano giovani veramente forti, tanti hanno fatto una carriera importante. Non riuscimmo a vincere il campionato per qualche errore evitabile. A Salerno, però, è stato davvero un biennio importante e colgo l’occasione per salutare con affetto i tifosi granata”.

L’intervista sarà pubblicata anche sul magazine distribuito domani allo stadio Arechi e già disponibili a Salerno e provincia presso i nostri sponsor. Sul sito la cartina con le varie postazioni. 

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di Popolo Sportivo

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