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Dalle stelle alle stalle. Società, ora non ci farci toccare il…fondo
30/05/2024
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Dalle stelle alle stalle il passo è stato breve. Sembrava troppo bello per essere vero. Un’estromissione evitata alle 23:59 di una vigilia di Capodanno mai così turbolenta, con decine di migliaia di persone incollate al pc o agli smartphone piuttosto che al tavolo per gustarsi il cenone. E poi l’impresa del 7%, una seconda salvezza a suon di record e con tutte le big che si sono inchinate a cospetto di una grande Salernitana e la festa finale a Piazza della Concordia che sembrava preludio ad un’epoca inimmaginabile. Nel mezzo Ribery che dà l’addio al calcio dopo una gloriosa carriera baciando il cavalluccio marino sotto la Sud, Dia che rovina la festa ai rivali del Napoli e l’Olimpico ammutolito dalle magie di Antonio Candreva. Senza dimenticare la folle notte del 22 maggio 2022: più che una partita fu un vero e proprio elettrocardiogramma per i 31mila dell’Arechi, con quel boato che riecheggia ancora nelle nostre orecchie.

E invece rieccoci qui, con la paura di toccare il FONDO e una serie di incertezze che rischiano di compromettere la programmazione futura. Altro che zona sinistra, brand internazionale, nuovo stadio, super settore giovanile, investimenti, hub dello sport, sinallagma d’amore, famiglie allo stadio e mai più ultimi. Neanche il tempo di assorbire, a malincuore, la retrocessione più brutta della storia che il popolo di fede granata (quello che aveva accolto alla grande Iervolino, dedicando club e riponendo fiducia totale a prescindere) è costretto a riascoltare termini come due diligence, controllo dei bilanci, offerta vincolante, proposta congrua, cedere prima di acquistare e autofinanziamento. Manco fossimo ai tempi dei trust o con il Lombardi di turno. Il ridimensionamento, già in atto da tempo, rischia di sfociare in qualcosa di ancora più clamoroso, con un fondo americano che potrebbe affiancare Iervolino in attesa che si rientri in pieno delle spese sostenute (tra paracadute, cessioni, riscatti, diritti tv e botteghino si supereranno i 40 milioni di euro!) e che si possa materializzare la vendita vera e propria. Il tutto in un ambiente anestetizzato e che, forse colpevolmente, ha vissuto questo dramma sportivo con apparente disincanto.

Certo, chiudere con una scenografia di quel genere e tanti bambini in curva a cantare è una lezione di stile e di vita non indifferente. Ma, forse, una contestazione civile o una presa di posizione nei confronti della proprietà poteva essere altrettanto utile. Perchè siamo al 30 maggio, tra un mese si parte per il ritiro e non sappiamo ancora chi sarà il presidente della Salernitana, con quale entusiasmo resterebbe Iervolino, chi sarà il direttore sportivo e chi sarà la guida tecnica. E se la sostenibilità è il nuovo cavallo di battaglia, è legittimo far presente che il doppio salto all’indietro è triste eventualità da scongiurare: per introiti, potenzialità economiche di Iervolino e debito morale nei confronti della piazza, ci sarebbe l’obbligo di allestire da subito una rosa super competitiva, che possa giocarsela con squadre del calibro di Bari, Sassuolo, Palermo e Sampdoria che certo non staranno lì a guardare. Lo abbiamo detto tante volte, lo ribadiamo: nulla giustifica un calo d’entusiasmo del genere da parte del presidente, uno che aveva conquistato la folla con i cuori sotto la Sud e le lacrime agli occhi quando parlava di Salernitana e che oggi si è trincerato dietro un silenzio assordante pur scusandosi martedì. Con un mese di ritardo. Eppure Iervolino avrebbe tutte le credenziali per tornare ad essere un presidente top, in grado di trasformare l’attuale legittimo scetticismo in applausi. C’è la volontà? Davvero chi prometteva l’Europa non ha le potenzialità per acquistare giocatori top per la categoria?

Se Salerno oggi è sportivamente parlando affranta, non è colpa della retrocessione, del record negativo di punti, di un gruppo pessimo e che speriamo di non rivedere mai più all’Arechi e della fine di un sogno partito da Budoni e arrivato a San Siro. C’è scoramento perchè, dopo decenni di fallimenti, presidenti senza soldi, patron vincenti ma distaccati, sceneggiate italo-americane e colletta per organizzare le trasferte, si pensava d’aver trovato un imprenditore in grado di scrivere una nuova pagina di storia, di aprire un ciclo vincente sul modello dell’Atalanta di altre realtà meno passionali, ma evidentemente più fortunate di Salerno. Dalle stelle alle stalle, con la paura di toccare il fondo. Peccato, davvero peccato. Ma ci vorrebbe pochissimo per riaprirlo, questo libro, e ricominciare a scriverla una storia che non può finire così.

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di Popolo Sportivo

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