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Dalla Libia al Vestuti, la storia di Nunzio Torraco: “I posti degli anziani non saranno mai vuoti”
21/02/2024
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La redazione di Popolo Sportivo porta avanti, dal 1992, un progetto atto a custodire e a raccontare la storia della Salernitana. Siamo fortemente convinti che questa storia, nata nel lontano 1919 e che ci rende assolutamente fieri e orgogliosi a prescindere dalle categorie e dai risultati, sia stata  scritta non solo da presidenti, allenatori, calciatori e dirigenti ma anche – e soprattutto – dai tifosi. Sono loro ad aver portato in giro per l’Italia il nome di Salerno, ad aver accompagnato la Bersagliera nelle difficoltà, ad aver contribuito a vincere partite e campionati a suon di cori, striscioni, eventi e scenografie che hanno lasciato il mondo intero a bocca aperta. E poter far conoscere, soprattutto alle nuove generazioni, personaggi che hanno dedicato parte della propria vita alla passione per i colori granata è quasi un obbligo morale. A dicembre, nel corso del Gran Galà di Popolo Sportivo, premiammo Rocco Oliviero, esponente del Centro di Coordinamento e sempre presente in casa e in trasferta pur avendo festeggiato da poco le 80 primavere. Oggi raccontiamo invece la storia di Nunzio Torraco, un grande uomo che si è innamorato del cavalluccio marino al punto da seguirlo in ogni modo pure dalla lontana Libia. Una fede condivisa con l’omonimo nipote e con gli affetti più cari.

“Di aneddoti potrei raccontarne tanti” dice alla nostra redazione, confermandosi memoria storica incredibile nel panorama calcistico salernitano “Nel 1948 ero con mio padre e gestivamo una azienda agricola. Si giocò Salernitana-Torino, lui aveva l’abbonamento al “Calcio illustrato” e lessi questa scritta “Anche se Margiotta non ha giocato, Bagigalupo è andato lo stesso a stringergli la mano”. Mi è rimasta impressa quella frase, pur trattandosi di persone che non avevo mai sentito nominare prima”. Nunzio, come detto, ha seguito la Salernitana anche a distanza di migliaia di chilometri: “In Libia avevo l’abbonamento a Telepiù. Di domenica si lavorava, durante la settimana facevo gli straordinari pur di ritagliarmi un’ora libera e guardare le partite della Salernitana. A lungo andare anche i miei colleghi sono diventati simpatizzanti della nostra squadra. A Salerno ero venuto a fare il militare. Il 24 settembre 1960, sul giornale “Lo Sport” che usciva il sabato, lessi la notizia dell’esordio del purosangue salernitano Barone. Preso dalla curiosità, decisi di andare a vedere la partita: venivo da un Paese ricco, nel quale si faceva festa quando un atleta del posto giocava con la squadra della propria città. L’avversario era il Cirio. Quando lessero la formazione e pronunciarono quel cognome, però, un tifoso disse testualmente: “Dove vogliamo andare con questi quattro stupidi? All’arena non gli facevo toccare un pallone”.

Analisi lucida e condivisibile anche quella che riguarda l’attualità: “E’ stato sbagliato l’approccio con i calciatori. Non c’è una persona che si è assunta la responsabilità di gestire uno spogliatoio particolare, nel quale ognuno si sentiva libero di fare quello che voleva. Un po’ come se a scuola manca il preside, è ovvio che gli alunni non rispettano i bidelli e i professori. Si guarda solo al dio denaro, i tempi sono cambiati. Un imprenditore, prima di investire, deve essere certo di quello che fa. Ho paura che le questioni politiche abbiano creato problemi”. E poi un commovente messaggio finale rivolto a tutta la tifoseria, una lezione di vita da custodire nel cuore e nella mente: “Dico sempre che i posti degli anziani non resteranno mai vuoti. Sono riuscito a trasmettere questa passione a mio nipote, la condivido con gli affetti più cari ed è bellissimo. Rivolgo il mio appello a tutti i tifosi: non abbandonate mai la Salernitana. Le cose le apprezzi quando non le tieni più. Non facciamo come i bambini che rompono il giocattolo e poi si mettono a piangere. Sosteniamo la squadra, sperando che la società faccia chiarezza quanto prima nel rispetto di 2000 persone che fanno centinaia e centinaia di chilometri e tornano all’alba da San Siro”.

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