Chi pensa che, in un momento così difficile per le sorti della nostra squadra del cuore, prevalga la soddisfazione di affermare “io l’avevo detto” è totalmente fuori strada. Anzi, quanto avremmo voluto sbagliarci e leggere, oggi, critiche di ogni genere da parte dei lettori e dei tifosi con una Salernitana a centro classifica o comunque ben lontana dalle ultime posizioni. Purtroppo, però, abbiamo avuto conferma di quanto percepiamo da tempo: raccontare la verità, a fin di bene e basandosi sui fatti, non è esercizio particolarmente apprezzato da parte della torcida granata.
L’esempio più lampante lo consegna agli archivi la storia recente, quando ci si affannava a raccontare che la Salernitana sarebbe stata iscritta in A con un trust in assenza di offerte reali e concrete mentre personaggi di squallore unico e manifesta incompetenza raccontavano frottole a ripetizione giocando sull’ingenuità di chi, temendo l’estromissione dal campionato, concesse credito e spazio a questa gente. La memoria corta è sempre stata una pecca di questa città: ci si è dimenticati troppo facilmente degli atti notarili, delle ufficialità date senza nessun riscontro, dei Della Valle in Cilento e di Radrizzani negli alberghi della costiera.
Ecco, la scorsa estate è accaduta esattamente la stessa cosa. Per la serie “errare è umano, perseverare è diabolico”. E spesso è fatto in malafede. Perchè una buona fetta di tifoseria credeva ai raccontini di chi era comodamente seduto sul divano di casa a pontificare del niente, ipotizzando addirittura piazzamenti stellari in classifica, mentre chi presenziava in ritiro provava a raccontare di una stagione che stava nascendo sotto una cattiva stella.
Oggi si leggono da più parti frasi di questo genere: la rosa non è all’altezza, la difesa è scarsa, Dia è scontento, Sousa era l’elemento cardine dal quale ripartire, Iervolino ha chiuso i cordoni della borsa, il direttore sportivo andrebbe esonerato, quello dello stadio è un falso problema che sposta l’attenzione, la proprietà ha perso entusiasmo. Quanto qualcuno affermava già da luglio, per il bene della Salernitana e per aiutare il pubblico a comprendere cosa stesse accadendo. Per provare a darci una spiegazione logica rispetto a un palese ridimensionamento sfociato in una campagna acquisti tra le peggiori della storia recente della Bersagliera.
“Andate al mare”, “Vedove di Fabiani”, “Meritate Lotito”, “Giornalai”: queste erano le argomentazioni massime da parte di chi, su facebook, davvero pensava che l’analisi oggettiva dei fatti derivasse da rimpianti del passato o da situazioni personali. D’altronde oggi pontificano sul web fotografi dai cognomi goffi quanto loro e pseudo insegnanti che faticano a coniugare i verbi: una minoranza nemmeno tanto rumorosa che prova semplicemente a cavalcare l’onda del momento senza fornire alcun tipo di notizia concreta.
E sosteniamo fortemente che sia anche colpa di questa gente – che in un contesto di normalità verrebbe isolata – se la Salernitana oggi è ultima in classifica, con uno spogliatoio spaccato, il secondo allenatore a rischio licenziamento, un direttore sportivo delegittimato e una proprietà che sta disattendendo una serie di promesse che tutti ricordiamo a memoria. Perchè era evidente che il mercato fosse insoddisfacente, che non si potesse passare da Sabatini a De Sanctis, che la preparazione atletica fosse alibi di comodo e che Inzaghi non fosse certo la scelta migliore.
E ci può stare che un giornalista non venga creduto, ci mancherebbe. Ma quando è Paulo Sousa, uno che forse ne capisce un po’ più di tutti noi messi insieme, a far suonare il campanello d’allarme con una operazione verità a fin di bene è imbarazzante voltarsi dall’altra parte ed etichettare una risorsa di inestimabile valore come capro espiatorio. Evidentemente le lettere e il sinallagma d’amore fanno breccia nel cuore più di una conferenza che fotografa la realtà.
La Salernitana può ancora salvarsi, sia chiaro, e saremo i primi ad esultare. Ma la prossima volta si commentino le critiche costruttive degli addetti ai lavori con maggiore obiettività, fidandosi di chi vede le cose stando sui posti. Per le favole e le fake news ci sono pagine facebook spacciate per giornalistiche, ma di palese stampo satirico.