C’era una volta una tifoseria che, pur avendo riposto scarsa fiducia nella miglior società di sempre, si ritrovò in serie A ma dovette contenere ogni forma di festeggiamento perchè una regola assolutamente opinabile impediva a Marco Mezzaroma di proseguire la sua avventura nel mondo del calcio per motivi di…affinità. Superato il primo ostacolo anche grazie al lavoro dietro le quinte del direttore sportivo Fabiani, la squadra prese parte al campionato ritrovandosi – a inizio gennaio – a 4 punti dalla zona salvezza e con due gare da recuperare. C’erano, dunque, tutte le possibilità di salvarsi. Figuriamoci, dunque, quanto una piazza che temeva l’estromissione a tavolino da tutti i campionati professionistici abbia accolto con favore l’arrivo di Danilo Iervolino, in una vigilia di Capodanno trascorsa più sui tablet che a tavola per il tradizionale cenone in attesa di quella fumata bianca annunciata da un audio diventato virale. C’era una volta un presidente che, a quella tifoseria delusa e che troppo poco aveva ricevuto dal destino rispetto alla passione dimostrata, parlava con il cuore facendo promesse su promesse. Sembrava di sognare quando uno degli uomini più facoltosi d’Italia si lasciava andare a proclami in ottica europea, con annesso desiderio di investire in un centro sportivo, nel settore giovanile, in calciatori di caratura internazionale, finanche in un nuovo stadio qualora ci fossero stati ostacoli di natura politica e burocratica. Nei primi due anni tutto sembrava andare nella direzione giusta: una salvezza miracolosa, un’altra a suon di record e con tutte le big che si piegarono a cospetto della Salernitana (anche chi già festeggiava lo scudetto, non facendo i conti con Dia).
C’era una volta la festa a Piazza della Concordia, con 5000 persone che si ritrovarono unite in un ideale abbraccio collettivo non solo per festeggiare la permanenza in A per la terza stagione di fila, ma anche – e soprattutto – perchè sembrava davvero di essere entrati in una dimensione nuova, in un’epoca senza precedenti tale da portare la Salernitana alla ribalta del calcio italiano. E invece, il buon De Sanctis, aggiunse – tardivamente – alla rosa calciatori modesti come Legowski, Martegani, Ikwuemesi, Cabral e Stewart, quasi trascurando il campanello d’allarme che Sousa faceva suonare invano dando spazio alle solite veline che, per accaparrarsi la notizia in esclusiva, pensarono bene di prendersela con la preparazione sbagliata. C’era una volta, dunque, il primo ritiro a Rivisondoli, fatto con gente fuori rosa, senza un solo acquisto e con i portieri utilizzati in veste di attaccanti per svolgere le esercitazioni tattiche. Nemmeno in terza categoria. E oggi, a distanza di 12 mesi, stiamo assistendo a qualcosa di surreale. Altro che “non si può parlare di ridimensionamento”!. La Salernitana, a gennaio aveva 2 punti di distacco dalla zona salvezza e si parlava di “cedere prima di acquistare” piuttosto che di ricapitalizzazione per operare sul mercato. Magari con un dirigente più bravo di chi, due anni prima, aveva fatto firmare cinque anni a Sepe, tre a Fazio a 2 milioni puntando sulla coppia d’attacco Mikael-Mousset.
E quella stessa squadra, che ha cambiato 4 allenatori, due direttori sportivi e una infinità di calciatori, retrocedeva virtualmente a febbraio dopo lo scontro diretto perso in casa con l’Empoli, dopo aver svolto la rifinitura dinanzi a 4000 tifosi che cantavano e spingevano come si stesse per vincere il campionato. Ecco, ricordiamo sommessamente alla società che sono stati buttati mesi e mesi d’anticipo per proporre una programmazione ambiziosa, tale da cancellare una stagione storta e provare a ripartire tutti insieme su presupposti diversi. In questo mese e mezzo ci saremmo aspettati scuse, acquisti importanti e un presidente pronto a ritrovare entusiasmo e motivazioni, invece abbiamo assistito alla telenovela Brera Holdings, all’addio di Sottil prima di partire per Rivisondoli, a un ritiro fatto con gente per la quale “Salerno sarà la tomba calcistica” e un terzino che militava nella terza serie francese perchè “dobbiamo contenere i costi e basarci sull’autosostenibilità“. Come se poi 8 milioni per Tchaouna, 2 per Bohinen, 1,5 per Mazzocchi, 4,5 per Ederson e 25 dal paracadute non fossero sufficienti quantomeno per il Vandeputte di turno. Una favola che rischia di chiudersi senza lieto fine, con il titolo “La retrocessione rischia di essere il male minore” che vi proponemmo a novembre. Quando le comparse di questo film tragicomico invitavano ad andare a mare “perchè eravamo vedove dei romani e meritavamo Lotito“. I più vincenti di sempre. Quelli che l’hanno presa in D riportandola in A senza ridimensionarsi per un coro o uno striscione contro e che stracciarono la B allestendo una rosa competitiva in epoca covid, con stadio vuoto e incassi zero. Dovrebbe essere da insegnamento per qualcuno.
Fonte tuttoSalernitana