Prosegue il nostro focus dedicato all’ASD Torrione FC, splendida realtà calcistica locale che consente a tantissimi giovani del territorio di far parte di una vera e propria famiglia e di apprendere tante cose in un clima di amicizia e divertimento. Artefice di un progetto ambizioso e lungimirante è senza dubbio il presidente Giuseppe Nasti, abile ad affidare la guida tecnica delle squadre giovanili a uno staff altamente qualificato e che, da anni, sta facendo la differenza. La nostra redazione ha avuto il piacere di intervistare Eugenio Farella, reduce da una serie di successi con la categoria 2017. Ecco le sue dichiarazioni:
Partiamo dal suo lavoro. Quanto è difficile relazionarsi ogni giorno con atleti così giovani?
“E’ difficilissimo, ma anche molto stimolante. Alla base deve esserci un profondo lavoro psicologico. Un allenatore deve essere consapevole che ogni bambino è diverso e ha esigenze e tempi di apprendimento differenti. Ci sono caratteri in via di formazione, genitori con i quali instaurare un rapporto di fiducia e collaborazione. A noi spetta trasmettere i veri valori dello sport, accantonando ogni tipo di fisiologico “egoismo” a favore del collettivo. Anche a questa età puoi diventare un piccolo leader, a patto che metti le tue qualità a disposizione dei compagni di squadra e della società”.
E’ stato un anno ricco di risultati positivi…
“E’ vero, abbiamo disputato un buon campionato garantendoci l’accesso ai playoff. In prossimità delle festività natalizie abbiamo vinto un torneo a Bellizzi, di recente invece abbiamo partecipato ad un memorial organizzato dall’Assocalcio e abbiamo ben figurato con tre vittorie e una sconfitta”.
Si aspettava una crescita del genere?
“So che abbiamo fatto un buon lavoro, ma non mi aspettavo una crescita così rapida. Ho cercato di mettere a disposizione degli atleti la mia pluriennale esperienza nel mondo del calcio. Per tanto tempo ho lavorato con Nocerina, Avellino e Paganese ricoprendo l’incarico di preparatore dei portieri. La cosa che mi rende orgoglioso è vedere un gruppo granitico, che si allena con piacere e che crede in questo progetto”.
E’ vero che molte realtà fanno i conti con rapporti non idilliaci con i genitori?
“Per fortuna abbiamo un ottimo rapporto anche con le famiglie dei ragazzi, è essenziale creare un clima collaborativo tra tutte le componenti affinché il lavoro svolto possa dare dei risultati. Durante una stagione può capitare il confronto con i genitori, a loro spetta capire che c’è un allenatore deputato a prendere decisioni e che agisce nell’interesse di tutti. Il papà intelligente esorta il figlio che non gioca ad allenarsi di più, ad apprendere dai più bravi, a fare di tutto per migliorare. Prendersela con un mister è limitante e non aiuta a crescere. Ho undici calciatori a disposizione, tutti devono essere certi che avranno il loro spazio”.
Qual è stato il momento più bello della stagione?
“Più che una singola partita, mi soffermerei ancora sul concetto di gruppo. Sotto questo aspetto devo dire che siamo stati bravi a creare uno spogliatoio compatto. Vedere i bambini che si abbracciano tra di loro, che stanno bene assieme e che si confrontano è un motivo d’orgoglio. Ne ho 11, tutti sono partiti dall’inizio e sono rimasti fedeli al progetto fino all’ultimo allenamento. Ecco, sono quei segnali che ti fanno capire che sei sulla strada giusta. Lo staff deve metterci del suo, ovviamente. Il calcio è semplice: 2-3 tocchi, organizzazione, lavoro di base per migliorare la tecnica individuale. La vera sfida è insegnare l’educazione sportiva, consapevoli che abbiamo un ruolo delicato ma che non dobbiamo sostituirci ai genitori”.
Nell’epoca social, quanto è importante il ruolo della scuola calcio?
“Poter contare su società del genere è una salvezza, la scuola calcio è una esperienza formativa essenziale. Devo dire che siamo stati fortunati anche sotto questo aspetto: i ragazzi ci tengono a fare allenamento, sono presenti, seguono, hanno voglia di giocare. Mi hanno sempre detto che sono un buon motivatore, essere entrato nelle loro teste mi gratifica tanto”.