Chi legge i nostri editoriali, ricorderà senza dubbio il dissenso per le parole del presidente Danilo Iervolino all’indomani della partita persa a Napoli. Lungi da noi giustificare gli orrori arbitrali: anche in questo caso sono note le “battaglie” (a colpi di dossier) portate avanti dal direttore e dalla redazione. Negli anni la Salernitana è stata sistematicamente penalizzata e anche questa stagione nata male e proseguita peggio poteva essere diversa se le giacchette nere avessero assunto decisioni corrette. Tuttavia la sconfitta casalinga col Genoa ha dato adito a tanti opinionisti, ex arbitri e giornalisti di accanirsi ulteriormente nei confronti dei granata. Per la serie “c’era Orsato e avete perso lo stesso in casa”. Tra l’altro con un rigore contro causato da un gesto sconsiderato di Lovato. Certo, quanto emerge in queste ore getta ombre sull’operato della classe arbitrale ma non sta a noi entrare nel merito e decidere se Rocchi sia o meno in grado di dirigere l’AIA. La confusione generale imporrebbe, forse, una tabula rasa per ripartire da zero e una rivisitazione del protocollo VAR, ma non basta una rivelazione anonima per far tremare un’organizzazione che ha superato senza affanni situazioni addirittura più complicate. Al tifoso della Salernitana deve interessare soprattutto quanto accade sul campo. E se perdi in casa, davanti a quasi 20000 spettatori, con una città tappezzata di striscioni a sostegno e un avversario in emergenza…allora devi abbassare la testa, recitare il mea culpa e assumerti le tue responsabilità. Stop.
Se in difesa si gioca con Lovato e davanti il ballottaggio è tra Simy, Stewart, Botheim e Ikwuemesi (alcuni di loro faticherebbero anche in B), allora entriamo in modalità “rassegnazione” sperando quantomeno di cadere in piedi e di salvaguardare quella dignità sportiva che ha contraddistinto la città di Salerno anche quando ci si avviava verso un fallimento o un declassamento in quinta serie. Il ritorno di Sabatini aveva dato la classica scossa, ma ad ora è stato fuoco di paglia. Perchè la Salernitana giocherà la quinta gare ufficiale del 2024 senza acquisti di spessore, a parte due giovanotti di belle speranze che a giugno torneranno a Napoli e a Firenze e con un Basic fermo da mesi e visibilmente sulle gambe. Se ricordiamo le tante promesse fatte nel gennaio del 2022, è evidente che c’è da essere scontenti e da porsi delle domande. L’indice di liquidità è fattore che pesa e che incide, ma con un calcio indebitato per miliardi di euro è possibile che solo a Salerno si faccia fatica anche a prendere uno svincolato di 37 anni che non gioca da giugno? Anche in questo caso la redazione aveva condiviso con i lettori una riflessione vista quasi come anatema, ma che faceva leva su quella realtà oggettiva dalla quale non si scappa. E già a novembre era chiaro che arrivare a gennaio con un distacco notevole dalla zona salvezza avrebbe significato muoversi con cautela.
Perchè appesantire il monte ingaggi e far firmare contratti faraonici al 38enne di turno per poi ritrovarsi in B con introiti zero e spese super sarebbe pericolosissimo, soprattutto con un Arechi in meno a disposizione e il rischio di giocare qualche settimana in campo neutro. Fa male, fa rabbia, mette i brividi e fa sentire impotenti ma la realtà è questa. Accantoniamo sogni europei, idee di altri Instant Team o progetti a medio-lungo termine. La proprietà, per motivi che si spera vengano presto chiariti pubblicamente, ha avuto un freno dalla CoviSoc e preferisce, forse anche giustamente, salvaguardare i conti mettendo in preventivo retrocessione e ripartenza piuttosto che svenarsi ora, scendere lo stesso e dover vivacchiare in cadetteria. Certo, se altri errori li avessero fatti gli odiati predecessori ci sarebbe stato un clima diverso. Tuttavia la tifoseria è maturata anche sotto questo punto di vista e ha un solo modo per lanciare un messaggio: cantare dal primo al novantesimo. Per la maglia e non per chi la rappresenta. Resta il rammarico per tante cose, per non aver esonerato prima De Sanctis, per aver riconfermato lo scontento Sousa e per aver dilapidato il patrimonio tecnico e ambientale che, a inizio giugno, portò squadra, pubblico, proprietà e dirigenza a festeggiare in piazza. Sette mesi fa, sembra una vita. Che fine ha fatto l’entusiasmo di Iervolino?