L’editoriale di oggi si apre con una digressione che dovrebbe lasciare in eredità un piccolo insegnamento a chi, in questi anni, fidandosi dei pallisti di professione e delle veline a caccia dell’esclusiva sotto banco, pensava che i giornalisti leggermente più critici fossero i nemici della Salernitana, il male di Salerno, le vedove di Fabiani e gli ammiratori dei romani. Quelli che, ad oggi, mancano come il pane e che hanno visto distruggere l’impresa sportiva. L’excursus parte dal gennaio 2022 quando, senza voler intaccare l’entusiasmo collettivo, ci permettemmo di dire che ci sembravano un po’ esagerate tutte quelle promesse fatte in conferenza stampa da un imprenditore facoltoso, ma del tutto neofita nel mondo del calcio e che stava creando aspettative enormi in una piazza passionale come quella di Salerno. Solitamente contano i fatti, non le pur belle parole che ci fecero emozionare dopo anni di rinfacci, botta e risposta a distanza, silenzi e chiusure.
Poi, a giugno del medesimo anno, provammo a rimarcare che divorziare in quel modo da Sabatini non facesse prevedere nulla di buono per il futuro. Non solo per la scelta di affidare la poltrona a un ds inesperto (40 milioni di euro spesi per una difesa da oltre 150 gol subiti in due anni, bocciatura di calciatori top e un rapporto burrascoso con gli allenatori), ma anche per alcune dichiarazioni troppo dure nei confronti di un uomo di calcio e di una certa età.
E ancora: il Nicolacheva-Nicolacheviene dopo aver preso otto gol a Bergamo, un ritiro in Turchia ricco di chiacchiere e polemiche, l’arrivo di Verdi che salta in extremis per problemi di stampante, l’SOS che arrivava da Rivisondoli quando ci permettemmo di dire che il gruppo fosse spaccato, che il mercato fosse quasi tutto sbagliato e che la società stava pensando di ridimensionare i piani chiudendo i cordoni della borsa. Alla fine, purtroppo, vedove e destabilizzatori hanno avuto ragione (ma Sousa ha sbagliato la preparazione…!) e la Salernitana targata Iervolino sta vivendo la pagina forse più triste della propria storia. Senza voler affatto sminuire gli investimenti fatti dal patron o due salvezze straordinarie e cariche d’emozioni indimenticabili, ma non è concepibile ritrovarsi a 12 giorni dall’inizio del campionato con una squadra così scarsa e un pensiero unico che si chiama “cedere per monetizzare”
Cannella ha ragione: se siamo arrivati, tutti, ad entusiasmarci per una cessione che consente di risparmiare uno stipendio, vuol dire che non ci siamo resi conto in quale direzione si stia andando. Siamo retrocessi a febbraio, con una rosa scadente, quattro allenatori che si sono avvicendati in panchina, uomini di mondo e non di calcio a prendere decisioni cruciali e un presidente che è passato dal sinallagma alla sindrome rancorosa del beneficiato. Oggi, tanto per rinfrescare la memoria a 3500 persone che forse vivono altrove, ci ritroviamo con un presidente dimissionario (la stessa persona che andava sotto la curva a battere i pugni sul petto e che sognava la coppia Cavani-Mertens prima di virare sull’algoritmo), un vice presidente assente, un Colantuono “sedotto e abbandonato”, un Sottil che capisce l’antifona e va via, un Martusciello alla seconda esperienza da primo attore (nel 2017 retrocesse con l’Empoli) e un gruppo non all’altezza della categoria che vive gli allenamenti col cellulare in mano in attesa che chiami il procuratore. Cosa hanno fatto di male i tifosi della Salernitana per meritare tutto questo? Qualche errore l’ambiente lo ha commesso, nessuna componente è esente da responsabilità. Ben venga aver fatto un salto di maturità collettivo anteponendo il sostegno a qualsivoglia tipo di contestazione, diciamo sempre a caratteri cubitali che la civiltà deve essere alla base di ogni presa di posizione. Tuttavia chiediamoci: ci fossero stati gli odiati romani, quelli che in C2 mettevano a disposizione un budget superiore a quello attuale e che ci hanno portato da Budoni a San Siro penalizzati da una regola incomprensibile, oggi cosa avremmo letto sugli striscioni? Quali cori avremmo ascoltato? Quanto abbonamenti sarebbero stati venduti?
Possibile che non si sta fiutando il pericolo del doppio salto e di un perenne ridimensionamento tale da indurre tutti a creare un corpo unico e rappresentativo che chieda almeno che fine farà la Salernitana? E, infine, arrivassero anche Messi e CR7 sarebbe sufficiente per ritrovare fiducia, entusiasmo e cancellare un anno ricco di errori, spaccature, contraddizioni e sconfitte? Per chi lo ha dimenticato, la Salernitana è retrocessa a suon di record negativi, collezionando figuracce ovunque, con gente che rinnegava la maglia (e che oggi si allena in gruppo, qualcuno chiede anche di scattare qualche selfie!), la richiesta continua di un ponte con gli eterni rivali sportivi, due vittorie su 38, un Arechi terra di conquista e la parola “scusateci” non pronunciata da nessuno. Petrachi, dirigente di spessore assoluto e persona seria, ha ampiamente portato a termine il primo compito: alleggerire bilancio e monte ingaggi. Ora c’è un tesoretto tale da poter battere i pugni sul tavolo e pretendere l’acquisto di calciatori top per la categoria, non solo di giovani scommesse dalla terza serie francese. Magari saranno fortissimi, intendiamoci, ma è il concetto di fondo che è sbagliato e non può essere più accettato. Questa squadra, a 12 giorni dall’esordio, ha bisogno di dieci acquisti veri, di un presidente che abbia entusiasmo, di gente di calcio in ogni settore, di iniziative che non allontanino i giovani, di spiegazioni rispetto a quel paracadute da 25 milioni che per tutti è un vantaggio da sempre e del quale qui non si parla quasi mai.
Fonte tuttoSalernitana