Lega la permanenza all’appoggio della piazza. E, certo, nessuno riuscirebbe a fare calcio con un ambiente ostile alle spalle. Oddio, qualcuno forse sì,visto che la precedente società è stata “massacrata” sin dai tempi della C2 eppure ha vinto 4 campionati in 9 anni e mezzo, aggiungendo due coppe in bacheca e riportando in tempi record il cavalluccio sulle maglie. Perchè, caro presidente, se si decide di investire in un contesto caloroso e passionale, deve essere bello andare sotto la curva a battere la mano sul petto ma vanno messe in preventivo quelle pressioni che, in passato, lei riteneva “da stimolo per far meglio” e che oggi quasi inducono a fare marcia indietro. Intendiamoci: ben vengano le denunce ai leoni da tastiera che argomentano con offese, gente per nulla accostabile alla tifoseria granata che è esempio di attaccamento, civiltà e correttezza. Li ha visti, sabato sera? Erano in 16mila, con cori assordanti al 92′ mentre quella “squadra” che non merita nè i suoi soldi, nè la spinta del pubblico aggiungeva un’altra perla ad una collezione già abbastanza mortificante. Sicuramente la società avrà notato che nessun coro o striscione è stato esposto all’indirizzo dell’unico azionista. Altrove, con una classifica migliore, abbiamo ascoltato e letto di peggio. Salerno è su un altro livello: canta,sventola bandiere, rivendica con orgoglio senso d’appartenenza ma, in cuor suo, sta soffrendo. Perchè la A è patrimonio inestimabile per la città, perchè sappiamo noi nel 1999 come ci hanno fatto retrocedere e quale dramma successivo abbia cambiato per sempre la vita di ognuno di noi, perchè nel 2021 tornavamo a calcare i palcoscenici più importanti con un gruppo – quello sì – che mordeva il pallone e le caviglie degli avversari piangendo a Pescara nel giorno del trionfo. Sporcato, anche in quel caso, da tre lutti a distanza ravvicinata quasi come fosse una maledizione.
Ecco, presidente. Una tifoseria fallita due volte, che ha visto soprattutto serie C, che ha delle ferite aperte che sanguineranno a vita e che ha vissuto la vigilia di Capodanno del 2021 incollata al telefono senza sedersi a tavola con la famiglia, ha sognato ad occhi aperti quando si parlava di zona sinistra, Conference, grandi investimenti, Cavani, settore giovanile, sinallagma leggendo i suoi post su facebook che sembrano appartenere a una vita fa e invece risalgono a tempi recentissimi. Quando a un pubblico come il nostro si parla col cuore, non c’è risultato sportivo che tenga. Del resto, i suoi vincenti predecessori, sono stati bacchettati ed osteggiati a prescindere dai successi perchè, in diverse occasioni, la storia l’hanno infangata con esternazioni forti, pesanti, che in tanti non hanno “perdonato”. Ecco, se è stato portato in trionfo sotto la Sud come non accadeva da decenni non è per la salvezza miracolosa del 22 maggio, per lo straordinario girone di ritorno targato Sousa o per aver evitato la cancellazione dal campionato dettata da regolamenti folli. Salerno e provincia si identificavano in lei perchè vedevamo la gioia dopo i gol, le lacrime quando Kastanos segnava a Verona e le regalava la prima vittoria da presidente, il coinvolgimento emotivo della famiglia sfociato con l’ottimo esordio di suo nipote a coronamento di una storia personale fatta di tanta sofferenza.
Oggi c’è un presente che spaventa e va oltre la retrocessione. I mal di pancia di Sousa (che, ci consenta, aveva detto la verità senza essere ascoltato), un direttore sportivo che ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, il flop del Sabatini-bis, Liverani che riesce a far peggio dei suoi predecessori, le voci insistenti di un disimpegno, il no al confronto con gli ultras e la tifoseria organizzata, l’ultima conferenza stampa datata dicembre 2023, uno snocciolare investimenti fatti e risultati raggiunti (che nessuno potrà mai disconoscere!) senza spiegare come si possa passare da Cavani, 25 milioni per Pinamonti e “Salernitana subito dietro le grandi e mai più ultima” a Stewart, ritiro senza volti nuovi, indice di liquidità, cedere prima di acquistare e 2 vittorie su 30, con 150 gol incassati in due anni e l’Arechi che faceva tremare la gambe alle big del calcio italiano e che ora è terra di conquista anche per avversarie modeste – e che hanno speso meno di lei – come Empoli e Lecce. Qui nessuno vuole che Iervolino vada via. In un calcio fatto di avventurieri squattrinati e di pseudo giornalisti che vivono di fake news destabilizzando l’ambiente sfruttando la stupidità di chi li segue (ricordate gli atti notarili, le favolette infinite e i Della Valle?), lei può continuare a rappresentare una certezza. A patto che l’amarezza attuale – del tutto comprensibile – lasci spazio alla capacità di ammettere gli errori e di garantire un futuro ambizioso. Si può cadere, ci si deve rialzare. E la tifoseria sarà sempre la forza della Salernitana. Del resto lei ha visto di cosa è capace il dodicesimo uomo quando si scende in campo tutti insieme. La palla passa a lei. Con l’auspicio che il riferimento siano gli 11mila abbonati, i 20mila spettatori in casa, i 3000 fuori, i 4000 per un allenamento e non lo sfogatoio dei social.