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La gara da ex di Fabiani: quando essere il ds più vincente non basta
10/04/2024
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Siamo certi che questo articolo darà libero sfogo ai soliti frustrati dei social che, vivendo di slogan e facendo leva sull’anarchia che regna su facebook, si scateneranno nello spazio riservato ai commenti anche a costo di stravolgere la realtà dei fatti. Il partito del galleggiamento volontario, delle “vedove”, di coloro che preferiscono interpretare con grande fantasia la storia pur di non riconoscere che, sotto la sua gestione, si è passati dalla C alla A. La nostra redazione detiene il record di più “daspata” dalla sala stampa, ragion per cui qualunque tipo di illazione resterà a chi la scrive: del resto è noto che, dietro il fallimento tecnico di questa stagione, ci sia anche lo scritto dei soloni dei social che, con poca coerenza, condannavano qualunque cosa per poi scendere in piazza a festeggiare il 10 maggio. Gli stessi che hanno creduto alle favolette dei Della Valle e degli atti notarli, tanto per far capire il livello.

Fatta questa premessa, ci soffermiamo sui numeri e sui dati oggettivi. Quelli che non mentono mai. Fabiani, attuale ds della Lazio, a Salerno ha vinto tre campionati e una coppa Italia. E se da un lato gli odiatori seriali pubblicano sempre l’elenco di calciatori che obiettivamente non hanno lasciato il segno e che venivano ceduti un mese dopo essere stati acquistati, dall’altro va ricordato che portare in C gente come Di Napoli, Fusco, Calil, Gabionetta, Pinna, Ciarcià, Pestrin e Colombo non era assolutamente semplice, soprattutto con un presidente decisionista alle spalle come Lotito. Uno che certo non metteva a disposizione budget illimitati. Certo, per sua stessa ammissione c’è l’anno 2018-19 che stava per chiudersi con la retrocessione in concomitanza col centenario (ma basta con questa barzelletta dell‘ “eravamo retrocessi sul campo”, una fesseria!), ma quella squadra – sulla carta – era accreditata da tutti come una delle candidate al salto di categoria. A dicembre era terza in classifica prima di un crollo clamoroso.

E ancora l’indebolimento del 2017-18, quando si passò da Coda e Donnarumma a Rodriguez e Palombi pur puntando su Sprocati e Ricci che dimostrarono di essere validi per la categoria al netto della giovane età. Il vero merito del ds fu quello di reggere le pressioni della piazza, di “accettare” anche offese continue e qualche manifesto funebre che non fece onore alla stragrande maggioranza di tifosi sportivi e civili che seppero contestare nel modo giusto quando necessario.

Disconoscere la storia significa essere in cattiva fede. E se proprio non si vuol dar retta al giornalista che racconta i fatti, magari ci si può fidare dell’avvocato Chiacchio. Uno che, pubblicamente, ha rimarcato il lavoro decisivo di Fabiani nell’ultimo periodo del trust. “Alla vigilia di Natale preparavamo i documenti per far rinviare la gara con l’Udinese, ci fu un capolavoro anche col Venezia. Tutto basato su dati oggettivi e certificati. Giocarle ad aprile e maggio ha salvato la Salernitana. Credo ci voglia anche un po’ di gratitudine nella vita” le parole del più grande esperto di diritto sportivo italiano. O forse sarà “colluso”, “vedovo” e “amico dei romani” anche lui?

Per non parlare dell’avvocato Ciccone, sollecitato proprio da Fabiani affinché si parlasse con imprenditori seri e facoltosi (tra questi Iervolino) per evitare il tracollo e l’estromissione da tutti i campionati. Cosa che forse sarebbe accaduta già nell’estate 2021, quando l’ex ds e avvocati a lui vicini convinsero la FIGC e le autorità competenti con un blind trust che rispondeva a tutte le esigenze e a tutte le richieste. Il primo, fatto da altri, fu bocciato. E poi il mercato, fatto con la supervisione di un ex Generale della Guardia di Finanza, con i mille paletti imposti dai trustee, con un’autogestione economica e con la spada di Damocle del 31-12. Situazione che avrebbe creato difficoltà anche ai più grandi dei direttori sportivi d’Europa. Eppure arrivarono Zortea, Ruggeri, Strandberg e Ranieri. Quartetto difensivo nettamente superiore a quello attuale. Con Obi, Kastanos e Coulibaly a centrocampo, Bonazzoli e Simy in attacco (all’epoca reduce da 40 gol in due anni) e la ciliegina sulla torta rappresentata da Ribery. Certo, di errori ne sono stati commessi. Il rapporto non idilliaco con la piazza, qualche sessione di mercato assolutamente deludente, alcune stagioni in B prive di soddisfazioni, qualche allenatore esonerato di troppo. Tuttavia nel calcio, come nella vita, contano i fatti. E la sua Salernitana passò da Fondi a San Siro, lasciata a Iervolino con un -4 dalla zona salvezza e due gare in meno, un parco giocatori valido, bilancio in attivo e zero euro di debiti. Tutto il resto sono chiacchiere social. E chi ha fatto ironia su club e trenini avrebbe dovuto avere la coerenza di restare a casa il 10 maggio del 2021.

FONTE TUTTOSALERNITANA

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