Domenica pomeriggio, come già mi era capitato in altre circostanze, alcuni tifosi mi hanno fermato allo stadio chiedendomi testualmente: “Ma perchè ce l’hai con Petrachi?”. E non è la prima volta che qualcuno mi attribuisce una idiosincrasia nei confronti del direttore sportivo granata. Concezione sbagliata, ovviamente. Del resto il web è pieno di articoli nei quali il sottoscritto auspicava che, un giorno, potesse lavorare per la Salernitana indicandolo come profilo perfetto per ciò di cui aveva bisogno Iervolino, ancor prima che arrivasse De Sanctis per sostituire Sabatini. Con i risultati che poi abbiamo visto. Figuriamoci, poi, se chi al massimo si diletta nelle partite di calcetto con gli amici se può osteggiare il lavoro di chi, da decenni, fa parte di questo mondo e ha ottenuto risultati di prestigio sia come calciatore, sia come dirigente. Per cui sgombriamo il campo da quest’equivoco. Sono però dell’avviso che “demonizzare” o “beatificare” a prescindere renda anche meno credibile una critica o un elogio. Ragion per cui, la scorsa estate, non ero tra quelli che esultava per le operazioni di mercato in entrata ritenendo che ci fossero troppe incognite e che, pur con un budget risicato, si potesse far meglio. Tuttavia, mai come ieri, ho condiviso il modus operandi del ds. Dopo un’estate che sarebbe eufemistico definire turbolenta, con una serie infinita di paletti e tanti contrasti con il proprietario, è stato davvero ingeneroso puntare il dito pubblicamente anche contro di lui. Certo, è giusto che tutti siano in discussione quando i risultati non arrivano, ma così come Petrachi non ha fatto mezza polemica a mezzo stampa quando gli facevano saltare trattative già chiuse o pesava anche lo stipendio di Motoc a bilancio, anche Milan e i massimi esponenti del club avrebbero potuto parlare in modo diverso.
Ok la tensione del post partita, ok la delusione per la classifica (ma il detto “tanto spendi, tanto appendi” non si sbaglia mai), ok portare acqua al proprio mulino smarcandosi da responsabilità sempre in capo a chi comanda, ma rapportare il lavoro di Petrachi al “quinto monte ingaggi della categoria” omettendo che buona parte degli stipendi viene corrisposta a Simy, Valencia, Maggiore, Bronn e Sepe è stato sorprendente. E allora, per non essere “cornuto e mazziato” (per usare un nostro proverbio), Petrachi per la prima volta ha giocato in difesa, rispondendo per le rime e guadagnando ampi consensi sul web. Ma come, ha più che dimezzato il monte ingaggi, ha preso comunque calciatori a prezzi modici creando una rosa che tutto sommato ha le potenzialità per salvarsi, ha bonificato lo spogliatoio, ha lasciato trasparire serenità anche quando sarebbe stato più facile dimettersi, ha nascosto tante lacune organizzative indipendenti dalla sua volontà, ha piazzato quasi tutti gli esuberi…e viene messo in discussione? Nemmeno per Marotta sarebbe facile trattare prima con la Brera Holdings, poi con un presidente dimissionario che si affida a un “facente funzione senza portafoglio” confrontandosi sul mercato con professionisti eccellenti e persone perbene, ma non certo conoscitori di calcio. Ancor di più se l’allenatore che hai scelto abdica prima della partenza per il ritiro e ti ritrovi a Rivisondoli con gente che ha riportato in B la Salernitana a suon di mortificazioni sportive e che passa più tempo a telefono col procuratore in attesa di conoscere la nuova destinazione che sul terreno di gioco.
Sarebbe stato più giusto lavare i panni sporchi in famiglia o, comunque, ribadire fiducia a uno dei pochi uomini di calcio che compongono l’organigramma della Salernitana. Avesse avuto lui la possibilità di operare quando Iervolino era al massimo dell’entusiasmo…altro che Lovato, Sambia, Ikwuemesi, Martegani, Legowski, Mikael, Mousset, Weismann e Boateng a 600mila euro per quattro mesi dopo un anno e mezzo di inattività. Che questo strappo, comunque, si ricomponga. Altrimenti a gennaio ci saranno altri alibi di cui nessuno ha più bisogno. Carta bianca al ds e pieni poteri, con un portafoglio più disponibile dopo un’estate di ripianamento e adattamento alla categoria, ma anche di incassi milionari. Chiudiamo con una riflessione sul famoso progetto triennale. Vogliamo sperare che la vera volontà sia quella di fare le cose in grande dopo essersi concessi un anno di assestamento, vogliamo sperare che Petrachi riesca a far tornare l’entusiasmo a Iervolino. Tuttavia il timore è che non ci sia alcun tipo di programmazione. Viceversa non si spiegherebbe l’allestimento di una rosa fatta di prestiti o contratti annuali, l’esonero dell’allenatore (sostituito dal responsabile del settore giovanile già a busta paga; intendiamoci, un tecnico valido e una persona seria e competente), il passo indietro del presidente dimissionario e il tentativo, fino a qualche settimana fa, di cedere una società presa in A e ora terzultima in B. Non vogliamo nemmeno tornare sulla questione “obbligo morale”: il pensiero è noto, si doveva allestire da subito uno squadrone senza perdere tempo e assumendosi le responsabilità per la retrocessione della passata stagione, annunciata implicitamente ad agosto da un Sousa attorno al quale andava costruito per davvero un progetto a lungo termine. La realtà, ad oggi, parla di “cedere prima di acquistare”, di “dimensionamento” e di “non occorre sempre acquistare e spendere per cambiare il corso della cose”. In fondo “siamo già retrocessi altre volte”, vero ? E mentre l’ambiente dorme e canta a prescindere, si sta vivendo il remake della passata stagione: vogliamo accorgercene prima di ritrovarci a marzo a intonare “che importa se”?