Proviamo a riavvolgere il nastro e torniamo indietro agli anni Ottanta. Quando i giovani sapevano ancora divertirsi con poco e non esistevano whatsapp, facebook, telegram o tik tok. Per tanti non erano epoche felicissime dal punto di vista economico, eppure bastava correre dietro ad un pallone per sentirsi felici ed appagati. Erano i tempi del Super Santos, delle porte fatte con le pietre o con gli zaini di scuola, dei tornei nati spontaneamente sulle spiagge e di tanti talenti del nostro territorio che osservatori e dirigenti scoprirono girando i campi di periferia. Fino all’inizio del 2000 la partita di calcetto era quasi un rito sacro, oltre che un gradevole appuntamento settimanale utile a staccare dai problemi della quotidianità e a concedersi un paio d’ore all’insegna del divertimento e dell’aggregazione. Pensiamo al Parco del Mercatello, oggi deserto e “senza anima” ma punto di ritrovo imprescindibile per decine e decine di bambini, ragazzi e famiglie che, dalle prime ore del mattino fino alla tarda serata, animavano il quartiere con partite infinite e momenti di socializzazione che consentivano di coinvolgere turisti, stranieri, persone con disagio sociale o calciatori alle prime armi che, da lì, sono arrivati addirittura a calcare il palcoscenico della serie A italiana. Provateci oggi a organizzare una partita o a proporre ad un amico di dedicare il giovedì sera allo sport. Un’impresa. E così ben vengano iniziative come quelle di Sante Delli Bovi, grande tifoso della Salernitana sempre presente all’Arechi al fianco della Bersagliera e uomo profondamente innamorato del calcio.
Ai nostri microfoni ha raccontato quanto segue: “Nell’epoca dei social e di un contesto che offre ogni sorta di distrazione virtuale e tecnologica, io sono ancora un nostalgico che crede nei rapporti interpersonali e nella gioia della pizza tutti insieme dopo una partita di calcetto. Ho formato, nel tempo, un gruppo con oltre 200 persone, di ogni età: dal ragazzino di 15 anni al portiere ultra ottantenne che, ancora oggi, ci insegna cosa significhino professionalità e spirito di sacrificio. Tra i nostri supporters c’è anche il mitico Giovanni Pisano, un amico e un calciatore tra i più forti della storia. Organizzo mediamente cinque partite a settimana, sia in città e sia in provincia, ho creato un gruppo whatsapp nel quale batto sul rispetto delle regole e sulla necessità di divertirsi e fare qualcosa che aiuti la mente ed il corpo a ritrovare benessere. Da Bruno Petillo, il nostro bomber d’esperienza, ai fratelli Gennaro e Amedeo Pecoraro passando per Aldo, Enzo, Luigi, Stefano, Pasquale, Davide, Luciano e Massimo. Elencarli tutti sarebbe impossibile, posso assicurarvi che ormai sono una sorta di seconda famiglia. E poi in tantissimi sono tifosi della Salernitana”. Appartenenza e solidarietà, perchè il calcio non è solo un pallone che rotola in una rete: “E’ vero, cerchiamo di abbinare alle partite una serie di iniziative a sfondo sociale e benefico. Dalla raccolta di generi alimentari alle visite guidate passando per un calendario che ho voluto fortemente per ripercorrere i momenti più belli del nostro anno calcistico, immortalati dalle tradizionali foto pre partita. E, ovviamente, si gioca con magliette granata o, comunque, che abbiano sul petto il logo della nostra squadra del cuore. Inoltre, da qualche mese, ho avviato un’attività molto intensa il sabato pomeriggio al Parco Arbostella rivolta ai bambini. E’ bello vedere che c’è ancora chi preferisce l’erba sintetica alla play station o alla xbox. Anche con i genitori è nato un rapporto di stima, collaborazione e fiducia. Vi assicuro che portare avanti un’attività come questa non è semplice e richiede tempo, pazienza e fatica. Però poi vedo decine e decine di persone che amano il calcio e che si divertono e capisco che ne è valsa la pena”.