“Il pubblico di Salerno fa la differenza, ma la scintilla in alcuni casi deve partire dai calciatori. Faccio un esempio. Giocavamo in casa col Vicenza, perdevamo 2-0 e fummo fischiati. Nella ripresa scendemmo in campo con tutt’altro atteggiamento e segnammo subito. Da quel momento la curva e lo stadio spinsero al massimo: era una bolgia, vincemmo 3-2”. Con quest’aneddoto che risale alla stagione 1999-00, l’ex centrocampista Giuliano Melosi ha sintetizzato al meglio quello che è il nostro pensiero: Salerno ha una delle poche tifoserie che davvero può incidere sul risultato di una partita, ha decine di migliaia di persone che seguono la squadra sentendosi protagonisti ma tutto questo serve a poco se c’è una squadra in campo che non sente la maglia granata come una seconda pelle.
E’ quello che sta accadendo in questa stagione, costellata da numeri casalinghi negativi che mettono i brividi. Basti pensare che la Salernitana, pur spinta da 20000 persone, ha perso tutte le gare interne del 2024. Rispettivamente contro Juventus, Roma, Genoa, Empoli e Monza. Score impietoso: 1 vittoria, 4 pareggi, 9 sconfitte, 7 punti fatti, 13 gol fatti e 29 subiti. In 4 occasioni i granata non hanno segnato e mai hanno mantenuto la porta inviolata, eccezion fatta per le due sfide di coppa Italia contro avversari di categoria inferiore. E pensare che, nei due precedenti campionati di A, proprio l’Arechi fu determinante per la salvezza. Con Sousa una sola sconfitta e poi un trimestre di risultati positivi (tra questi l’1-1 con l’Inter, l’1-0 con l’Atalanta e i tre gol rifilati alla Fiorentina), nel 2020-21 furono i 30mila a determinare i 7 punti contro Fiorentina, Venezia e Cagliari senza dimenticare il 2-2 col Milan.
Impietoso il paragone con l’annata 1998-99, in una serie A di livello decisamente più alto. Solo 4 sconfitte interne, Salernitana vittoriosa con Juve, Inter, Roma e Lazio e unica squadra in Italia che fece almeno un gol in tutte le partite interne, con un massimo di 4 contro il Bologna. Erano i tempi della Nord piena e dei 40mila a prescindere. E, soprattutto, erano i tempi dei calciatori innamorati del tifo e della maglia.